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La chiesa è stata realizzata alla fine del XX secolo su richiesta dei fedeli della frazione di San Mazzeo che desideravano avere un luogo di culto più vicino rispetto a quello parrocchiale.

Gli stessi fedeli offrirono il suolo e sostennero in ogni modo Don Giulio Fazio, allora rettore del Santuario, che venne incontro alle legittime richieste degli abitanti del luogo.

La chiesetta realizzata su progetto dell’Ing. Pirritano Raffaele è stata inaugurata ed aperta al culto il 17 dicembre del 1978, inizialmente senza alcuna consacrazione ufficiale.

 

È costituita da un’unica aula rettangolare di circa 18.00 mt di lunghezza per 10.50 mt di larghezza ed un’altezza al colmo di mt 8.00. All’edificio chiesa ed a quello retro, che già esistevano nel progetto originario, sono stati aggiunti altri due piccoli edifici uno a sinistra con accesso diretto dall’ interno dell’aula, utilizzato oggi come sacrestia, ed uno a destra con accesso dall’ esterno utilizzato come aula e come deposito.

Da un punto di vista strutturale l’edificio ha uno scheletro portante di sette portali in cemento armato, tamponatura in muratura e solai in laterocemento. Il pavimento è stato realizzato con lastre di marmo di diversi tipi e colorazioni gettate e levigate in opera. 

Il presbiterio è costituito da un’alta predella centrale su cui sono collocati l’altare ed il tabernacolo incassato in un finto muro realizzato in cartongesso che funge da fondale e serve a schermare la porta d’accesso dell’edificio retro, costruito in aderenza in cui sono ricavate due aule per il catechismo.

Ai lati della predella centrale sono stati ricavati due spazi a quarto di cerchio definiti da un gradino su cui sono stati posizionati a sinistra la sede e a destra la statua di Sant’Anna, posta su un alto basamento.

Dalle informazioni raccolte pare che inizialmente si discusse molto su a chi intitolare il sacro tempio. La popolazione del luogo chiese al parroco di poter venerare anche nella frazione l’amata Madonna di Visora, ma questa soluzione non venne ritenuta opportuna.

 

A risolvere in modo inaspettato la questione, ci pensò Don Fiorino Vago (ai tempi parroco di Motta S. Lucia) che donò alla comunità della popolosa frazione una delle due statue di Sant’Anna presenti nella chiesa del paese. È sempre a Don Fiorino che si deve la celebrazione della festa nella prima domenica di agosto e non al 26 luglio, perché non si sovrapponesse alla forte devozione allora vissuta dal popolo di Motta e anche come forma di rispetto dell’altra comunità limitrofa di Gabella, che nell’ultima domenica di luglio festeggia la sua patrona Santa Rita.

A caratterizzare il paesaggio conflentese è soprattutto il rilievo del Monte Reventino, con tutto il suo versante nord occidentale, che ricade nel territorio comunale e sovrasta dall’alto l’antico borgo.

Tutto il comprensorio, sotto il profilo geologico, fa parte del massiccio della Sila e, più in generale del cosiddetto blocco granitico-cristallino del centro-sud della Calabria.

Del gruppo montuoso del Reventino si è occupato molto, negli anni ‘70, Walter Alvarez uno studioso statunitense dell’università di Berkeley in California, che ha osservato che per caratteristiche geomorfologiche le rocce che affiorano da questo monte sono del tutto simili a quelle rinvenute in Sardegna, Corsica e sulla catena alpina.

Da qui la suggestiva tesi che la Calabria rappresenti un frammento della catena alpina successivamente incorporatosi nell’edificio appenninico

Per lo studioso americano e una serie di suoi seguaci italiani, tutta la chiave della storia geologica della Calabria e dei suoi movimenti tellurici è racchiusa proprio nelle rocce del Reventino e nei suoi “scisti verdi” che rappresenterebbero i relitti dell’antico oceano di Tetide dalla cui chiusura si sono originate le Alpi e l’Appennino.

E in effetti la magnifica montagna conflentese, a osservarla bene, lascia ancora intravedere le sue antiche origini. 

Sui suoi versanti si possono ancora individuare dei grandi terrazzamenti, in origine marini, prodottisi allorché buona parte del territorio era sommerso dal mare grazie all’azione del moto ondoso che spianava le asperità delle rocce e, colmando le asperità, livellava il terreno. Da questi meravigliosi pianali è possibile godere di incantevoli visuali verso il mare.

E si può osservare la meravigliosa conca di San Mazzeo, depressione vagamente circolare, circondata da rilievi, che pare richiamare antichi bacini lacustri del Quaternario, poi svuotatisi.

Altri fenomeni geomorfologici molto tipici e caratteristici della grande montagna sono quelli delle grandi rupi che d’improvviso si innalzano sui suoi costoni e delle fenditure sottostanti, spesso sommerse dalla forza dei boschi.

È il caso della Pietra del Corvo dalla cui sommità si gode di una veduta assolutamente incomparabile e della “grotta delle fate”, di cui la memoria collettiva serba un grande ricordo e tramanda fatti leggendari.

La particolare conformazione orografica del territorio comunale, con le sue differenze altimetriche e di conseguenza di clima, permette di avere una grande ricchezza dal punto di vista naturalistico e paesaggistico.

   

Liberamente tratto da “ Naturalmente bello” di Francesco Bevilacqua