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Conflenti non è un paese normalmente visitato dai turisti. Chi c’è stato, soprattutto nel passato, l’ha fatto o per scappare, vedi ebrei nel passato, o perché costretto, come nel periodo del fascismo, quando c’erano numerosi oppositori politici confinati da noi.
Un caso molto particolare e degno di essere raccontato è stato quello del linguista tedesco Gerard Rohlfs, che si fermò più volte nel nostro paese per i suoi studi sul dialetto calabrese, confrontandosi per questo con V.Butera, che a lui dedicò anche una bellissima poesia.
Nei suoi numerosi viaggi a Conflenti, in cui tra l’altro coltivò una bella amicizia e collaborazione con Pasquale Paola, direttore del Centro di Cultura, era solito dimorare presso la locanda di Bertu ‘e Prigatoriu, nel vicolo della cava e Puatru vicinu  aru Piru, che era l’unico posto a Conflenti in cui si poteva mangiare e dormire.

Nella locanda notoriamente si mangiava molto bene e il vino era ottimo, e il filologo che era un buontempone era un ospite molto gradito per la sua simpatia.
Numerosi sono gli aneddoti legati alla sua permanenza e alle simpatiche conversazioni con gli avventori del locale e con lo stesso proprietario Bertu, da tutti chiamato Zu Bertu e Prigatoriu.
Ve ne raccontiamo due che sono stati simpaticamente ricordati da Francu e Ricu e dal dott. Giovanni Paola, figlio del compianto Don Pasquale Paola.
La prima verte su una disputa riguardo la corretta dizione della parola dialettale che indica il fazzoletto, tra lo studioso e il locandiere di fronte ad una buona platea di curiosi.
Maccaturu secondo zu Bertu e muccaturu secondo il filologo tedesco, che giustamente, dal suo punto di vista, faceva notare che il termine aveva origine da muccu ossia muco.
La disputa era molto accesa e lo studioso argomentava con dovizia di particolari e appellandosi al buon senso riguardo alle origini del termine e facendo pure riferimento ai dialetti di altri paesi. La platea degli ascoltatori ad un certo punto convinta dalle spiegazioni dello studioso sembrava parteggiare per lui e zu Bertu sentendosi tradito dai compaesani, sempre pronti a buttarsi dalla parte del più forte, si alzò di scatto ponendosi muso e muso di fronte allo studioso, alzò il braccio e, unendo pollice e indice lasciando distese le altre dita, sentenziò ma cchi cacchiu me capiscire tu ca si germanese da parrata du paise miu e se ne andò stizzito.

Nel secondo episodio, sempre nella locanda e zu Bertu, si racconta che un signorotto dell’epoca che si trovava all’interno della medesima locanda, ascoltando il linguista parlare la lingua tedesca e ignorando che questi potesse conoscere perfettamente il nostro dialetto, si rivolse a lui, sicuro di non essere compreso, apostrofandolo con questa frase: intra e natiche!
Dal professore però ebbe immediatamente questa perentoria risposta a correzione: No, qui a Conflenti si dice intra e grispe no intra e natiche.    

Incredibile Rohlfs…..