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Santa Maria col suo Santuario è il primo luogo che trovi arrivando a Conflenti.
Fin dai primi del Seicento, la fama della Madonna di Visora e la bellezza del suo Santuario erano noti in quasi tutta la Calabria.

Eppure, ancora fino all’immediato dopoguerra, se si esclude la cantina del vino di Peppe a Marca, a Santa Maria non c’erano attività commerciali. Solo nel periodo della fiera, il bar di Rinuccio approntava lì un suo punto vendita e qualche altro volenteroso “attrezzava” le ormai famose locande con lo spezzatino. A colmare questo vuoto ci pensò Ciccu e chiareddra che inaugurò il Bar Calabria (oggi Bar Visora) e soprattutto la famosa trattoria nella piazza antistante al bellissimo colonnato.

La trattoria divenne ben presto un punto di incontro e ristoro per tutta la comunità e fu dotata del primo televisore di Conflenti, anche se riuscire a entrare per guardare eventi importanti: partite, incontri di boxe o altro era un privilegio non concesso a tutti.

I banchetti della trattoria Calabria restano ancora oggi un piacevole ricordo di molti anziani che festeggiarono là il loro matrimonio o le feste più importanti.
Ma anche il Bar, ben presto, anche per la posizione strategica, visto che da Santa Maria partiva il postalino che rappresentava l’unico collegamento col mondo esterno, divenne un luogo molto frequentato.
Il resto lo fece la geniale intuizione dei suoi proprietari, che puntarono sul gelato come prodotto principale (per fortuna la tradizione continua anche ai giorni nostri). 

Oltre alla vendita al bar, direttamente dai famosi “pozzetti”, fu approntato un originale carretto, con un banco gelato, che girava per il paese a vendere degli squisiti gelati preparati col ghiaccio, accuratamente raccolto e conservato dai maestri nivari.

I nivari

Un tempo la neve cadeva abbondante sul nostro territorio; ne scendevano giù centimetri e centimetri, in particolare sul Reventino. Così, una famiglia del luogo riprese un’intuizione già diffusa in molte parti d’Italia facendone un’occasione di lavoro: conservare la neve per poi riutilizzarla nei mesi estivi. Un tempo non c’erano frigoriferi quindi bisognava trovare qualche soluzione per tenere al fresco cibo e bevande. Nacque in questo modo anche da noi questo mestiere diffuso in molti altri posti. Quando le precipitazioni nevose terminavano, i nivari (curiosamente il soprannome delle famiglie che ebbero questa idea è arrivato fino ai nostri giorni) salivano sul monte Reventino. Lì sceglievano un posto adeguato, poco esposto e scavavano una grande buca qualche metro sotto terra, quindi la riempivano con la neve opportunamente pressata per poi ricoprire tutto, spesso anche con paglia, che difendeva dai raggi solari. Venivano a crearsi, così, delle vere e proprie ghiacciaie o neviere. La neve conservata allo stato solido si trasformava pian piano in ghiaccio.

Con l’arrivo della bella stagione si risaliva la montagna, si riscopriva la fossa e si tirava fuori la neve ormai ghiacciata. Il ghiaccio veniva portato al paese in blocchi, utilizzando a volte sacchi di iuta. Il trasporto veniva commissionato a chiunque possedesse asini o muli.
Il ghiaccio in genere si adoperava per due scopi principali. Le famiglie, principalmente le nobili, lo acquistavano e lo conservavano in posti riparati e lo adoperavano per tenere al fresco le bibite e i cibi. Mentre i bar ne acquistavano grandi quantità, in particolare nel periodo della festa della Madonna, per vendere ai numerosi pellegrini delle bevande fresche e soprattutto per fare gustosissime granite. Si metteva il ghiaccio in un grande contenitore nel quale si versava succo di limone e zucchero. E poi si mescolava a lungo, fino a che la miscela non si ammorbidiva e diventava granita. Ottima, rinfrescante e genuina.