Il Centro di Cultura Popolare, guidato per lunghissimo tempo dal Prof. Pasquale Paola, recentemente scomparso, ha svolto un ruolo determinante per l’evoluzione socio-culturale di Conflenti a partire dall’immediato dopoguerra.
Questa bella realtà nata negli anni ‘50 con fini nobili, ha perseguito e raggiunto nel corso del tempo, enormi obiettivi, rappresentando il più grande movimento culturale che il comprensorio abbia mai conosciuto, uno dei più grandi in Calabria.
Ricordarne l’opera significa richiamare alla memoria un cinquantennio di storia del secolo scorso in cui il paese, grazie al Centro UNLA, si è emancipato, uscendo dall’isolamento e dai drammi della guerra, aprendosi culturalmente e socialmente.
Il Centro ha rappresentato, con la sua azione di alfabetizzazione, una grande opportunità di riscatto culturale e sociale per tantissime persone, altrimenti destinate alla rassegnazione.
Era il 1951 quando la sede centrale di Roma dava la sua autorizzazione ad aprire a Conflenti (allora 5100 abitanti) un centro per la lotta all’analfabetismo che toccava il 40% con punte ancora più elevate nelle campagne, mentre l’indice di eliminazione scolastica toccava il 70% degli alunni che non concludevano le elementari.
La situazione economico-sociale ed igienico-sanitaria era veramente drammatica, eredità di una storia di isolamento e abbandono e, più recentemente della guerra.
Su questa realtà prendeva corpo l’apertura del Centro, con Pasquale Paola direttore e Antonio Isabella, Michele Cimino, Nicola Marotta e Ferdinando Mastroianni componenti il direttivo e con l’intento, come si legge in una storica lettera del direttore di “dare una mano alla comunità per uscire dallo stato di desolazione e per avere un luogo come punto di aggregazione e assieme crescere nella libertà e nella autonomia.
L’apertura del Centro fu per la comunità un avvenimento senza precedenti, che come vedremo, contribuì a modificare le abitudini dei suoi abitanti, fornendo finalmente una alternativa alle sovraffollate cantine.
L’iter che si dovette seguire per giungere all’apertura non fu né semplice né breve, tutte le strade furono perseguite, anche quelle dei “buoni uffici degli amici” e della chiesa, con Don Riccardo in prima linea.
Il problema della sede fu risolto inizialmente grazie alla disponibilità dell’allora commissario prefettizio, Giuseppe Folino, che concesse inizialmente un locale comunale e successivamente, quando ci fu bisogno di spazi più ampi, prendendo in affitto altri locali, prima in via Garibaldi e poi nella storica sede di via Marconi.
L’attività del Centro di Cultura iniziò ufficialmente il 9 gennaio 1952, per i primi anni ci si occupò per lo più di distribuire alla popolazione in difficoltà generi alimentari e vestiario proveniente dagli USA e dalla Svizzera.
Poi il Centro ebbe dalla sede centrale una fornitura di apparecchiature radio, una enciclopedia e libri per l biblioteca e così iniziò a funzionare la sezione culturale con 40 iscritti.
A Conflenti grazie all’opera del Centro di Cultura si capì ben presto che bisognava investire in cultura, e così in poco tempo quasi il 90% dei ragazzi proseguì negli studi contro una media del 20-30% degli altri paesi.
L’entusiasmo iniziava a prendere il sopravvento sulla rassegnazione precedente, ben presto si sentì il bisogno di allargare anche alla partecipazione delle donne e fu istituita una sezione femminile. Suor Francesca era la responsabile e insegnava alle allieve a cucire e ricamare nei locali dell’asilo.
Le ragazze affluirono in gran numero e questa – far uscire le ragazze dal loro isolamento – fu una delle più significative vittorie del Centro.
Le attività principali continuavano a essere rivolte al recupero degli analfabeti, con corsi serali per permettere a tutti di conseguire la licenza media, ma Pasquale Paola in qualità di dirigente, intuì che bisognava aprirsi anche al mondo del lavoro per permettere un riscatto sociale vero alla popolazione bisognosa.Fu avviato un laboratorio di falegnameria, che dopo un inizio stentato, iniziò a funzionare dotando la sede delle necessarie suppellettili e in seguito all’arrivo di altri macchinari furono avviate altre sezioni di lavoro manuale e avviati corsi di muratura, di fotografia, di bibliotecario, di traforo, plastica, radiotelegrafia e apicoltura.
Il numero degli iscritti aumentava sempre di più, ad un certo punto si raggiunse il numero di 800 con ben 10 sezioni di lavoro.
Le iniziative portate avanti dal Centro erano tantissime e la loro incidenza fortissima, anche nel campo sociale, tra di esse vogliamo ricordare anche la sistemazione del tratto di strada che dall’uscita dal paese conduceva verso il cimitero, la distribuzione dei regali della befana ai bambini nel 1956, la refezione calda nelle scuole delle contrade e la partecipazione ad un programma di cultura internazionale per l’integrazione multietnica che portò nel nostro paese, negli anni ’60, ragazzi africani.
Da sottolineare negli anni ’70 anche la stampa di un periodico intitolato “Grandangolare” diffuso sul territorio e anche tra gli emigrati e, successivamente, l’installazione della prima “Radio Libera Grandangolare”, un esperimento che ebbe un ottimo riscontro e coinvolse moltissime persone.
In quegli anni bisogna ricordare anche il fondamentale contribuito a far conoscere la poesia dialettale di Vittorio Butera, con un premio di poesia a lui dedicato e la pubblicazione di una raccolta di poesie inedite. A partire dagli anni ’80, anche grazie all’attivismo del prof. Porchia, subentrato nei quadri dirigenziali, il Centro ha supportato varie iniziative musicali e sportive , anche se il fiore all’occhiello è sicuramente da considerarsi il Gsg Grandangolare di tennistavolo che ha raggiunto obbiettivi molto prestigiosi anche a livello nazionale.
Molto apprezzate anche le estemporanee di pittura e le varie mostre fotografiche sui mestieri, sulle tradizioni, sulla paesaggistica e sui personaggi del passato conflentese.