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Nel febbraio 1806 le truppe francesi guidate da Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, invasero per la seconda volta l’Italia Meridionale. Il Re di Napoli Federico IV e la corte fuggirono in Sicilia. 

In poco tempo tutta la Calabria fu occupata dai francesi guidati dal generale Reynier e dappertutto si diffuse il terrore in quanto gli invasori si lasciarono andare ad azioni intimidatorie e a veri e propri saccheggi. Particolarmente pesante e insostenibile si era fatta la situazione nei paesi del Reventino dove le truppe dei francesi imposero ogni genere di vessazioni e abusi.

Conflenti, bisogna ricordarlo, era il paese di Panedigrano, uno dei briganti più temuti dai Francesi, che in questa situazione aveva scortato i principi reali in Sicilia.
A seguito di uno dei tanti episodi di spregevole brutalità da parte dei francesi, a Soveria scoppiò una rivolta, che immediatamente si diffuse nei paesi vicini, soprattutto Conflenti e Martirano ma, poi, anche a Gizzeria e Sambiase.
La reazione francese fu brutale, pesantissima, in particolare a Conflenti e Soveria, focolai della rivolta, che vennero messi a ferro e fuoco. Nel nostro paese i transalpini riuscirono a individuare e catturare perfino un giovanissimo figlio di Panedigrano, che da lì a poco venne giustiziato a Cosenza.
Malgrado la brutale repressione e nonostante le terribili punizioni individuali inflitte ai rivoltosi, molti insorti, nascosti negli inaccessibili rifugi di montagna, non si erano per nulla rassegnati alla sconfitta.
Il focolaio della rivolta covava e dopo un paio di mesi, un manipolo di seguaci di Panedigrano, comandato dal figlio Gennaro, assaltò ad Acquabona un drappello francese guidato in qualità di ufficiale dal famoso Paul Louis Courier, scrittore e studioso autore di varie opere di notevole ingegno. 

Courier e i suoi, furono spogliati di ogni cosa e condotti nudi dopo un lungo cammino, in un nascondiglio nei pressi di Conflenti. Qui i malcapitati divennero oggetto di scherno e di sevizie per alcuni giorni.
Intanto a Conflenti, di ritorno dalla Sicilia, era rientrato Panedigrano per effettuare un nuovo reclutamento di massa contro i francesi.
La sua prima azione, malgrado fosse stato messo al corrente della cattura del figlio, fu una sorprendente lezione di magnanimità e generosità.
Quando dal figlio Gennaro gli furono messi davanti i francesi catturati e destinati alla fucilazione, Panedigrano, dimostrando una grande sensibilità, colpito dalla grande dignità che mostrava Courier a differenza dei suoi compagni che imploravano pietà, salvò da morte sicura l’ufficiale francese.
Panedigrano, infatti, persuase i suoi compagni a lasciare a lui la cura di seviziare il prigioniero perché, disse, voleva vendicarsi della cattura del figlio.
Lo fece, quindi, accompagnare in paese e lo rinchiuse in un sotterraneo della sua casa, che era vicino al Piro, e più precisamente quella attualmente occupata dalla nostra cara Donna Franca.

Qui durante la notte, conversò a lungo con lo scrittore e poi, certamente per rispetto dell’uomo di cultura, che si era dichiarato solo spettatore e cronista di quella guerra, decise di lasciarlo libero e farlo fuggire, dandogli pure una scorta, affinché potesse raggiungere, attraverso le scorciatoie, Nicastro.
Gli spiegò che aveva mostrato accanimento verso di lui solo per poterlo salvare, quindi gli aprì le porte e lo fece fuggire.
L’episodio è stato in seguito ricordato dallo stesso Courier nelle sue memorie e dallo storico Sacchinelli nel libro sulla vita del Cardinale Ruffo.

 

                          Di V. Villella