Sino agli anni sessanta a Conflenti non c’era un campo sportivo, anche perché in un paese come il nostro, pieno di dirupi, costruirlo non era facile e se si voleva giocare bisognava inventarselo.
Sino a quando di automobili ne circolavano poche (cinque o sei fino alla fine degli anni cinquanta) si giocava sulla strada principale o vicino al cimitero: campi lunghissimi e strettissimi. Con frequenti interruzioni per invasioni di campo di cani, maiali e galline; animali all’epoca numerosi e sempre in libera uscita.
Poi quando la circolazione aumentò (si fa per dire) e diventò impossibile giocare ci si spostò in collina a Salicara; per arrivarci ci voleva quasi mezzora (a piedi naturalmente); un buon esercizio di preriscaldamento!
Si giocava su uno spiazzo, scoperto non so da chi, in mezzo ad un fitto castagneto dove talora c’era da dribblare anche qualche tronco d’albero.
All’epoca c’erano anche alcuni seminaristi e giocavano rigorosamente in abito talare.
Quando la palla finiva fuori, bisognava cercarla tra le felci, interrompendo il gioco. Anche il ritorno avveniva pedibus calcantibus.
Negli ultimi anni riuscimmo ad eliminare queste faticose trasferte e giocammo in uno spiazzo di Conflenti Superiore spianato per costruirvi delle case popolari. Fortunatamente per noi, sfortunatamente per chi doveva andare ad abitarci, le case non furono mai costruite e godemmo di quel terreno per un po’ d’anni.
Per una di quelle incomprensibili storie che spesso succedono al Sud, nella documentazione del Genio Civile di Catanzaro le case risultavano già costruite ed abitate ed un giorno si presentarono due ingegneri per il collaudo dei lavori. Pare avessero anche i nomi degli inquilini.
Lo spiazzo non era grande, ma per noi era come uno stadio, finalmente le porte con pali e traverse, giocavamo rigorosamente undici contro undici partite interminabili in cui il pallone o una gamba lo prendevi sempre.
Verso la metà degli anni ottanta, quando poi in verità di bambini che giocavano iniziavano e essercene pochi e comunque a Conflenti finalmente era stato costruito un campo vero, di quello spiazzo si decise di farne una piazza vera e ne venne fuori una piazza accogliente che si decise giustamente di dedicare ai nostri emigrati.
Ci viene spontaneamente da chiederci cosa ne sarebbe stato di Conflenti Soprani se le case popolari fossero state costruite veramente là…
Di Antonio Coltellaro.