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Da piazza S. Andrea, Rosalbino Grandinetti nel 1936 decise di abbandonare il suo lavoro di ebanista e di emigrare, come tanti altri compaesani, in America in cerca di fortuna. Sessant’anni dopo, suo nipote Russell ha lasciato il suo lavoro alla Morgan Stanley per trasferirsi da New York a Seattle e dare vita con Jeff Bezos a un’idea dal nome insolito: Amazon.
In pochi anni, il sogno di un gruppo di trentenni è diventata la più grande internet company del mondo.
A luglio 2015 per la prima volta Russell, vice-president senior e responsabile mondiale dell’e-commerce del colosso americano, è venuto a Conflenti (tornandovi anche negli anni successivi) per ricevere, accompagnato dalla moglie Hanouf e dal figlio Zade, la cittadinanza onoraria nel corso di una sontuosa cerimonia.
Quel giorno dichiarò:
“Essere qui è per me una grande emozione. Mio nonno raccontava quanto fossero per lui importanti la famiglia, i parenti e il cibo. Ha sempre conservato un ottimo ricordo del paese che l’aveva visto nascere e nei suoi racconti c’erano sempre episodi legati a Conflenti. Era molto orgoglioso di essere calabrese”

Immerso nell’affetto dei compaesani, quella giornata ha consentito anche una ricostruzione storica familiare, nonché la riscoperta della vecchia abitazione di famiglia in vico VIII Garibaldi. Un paio d’anni più tardi, Russell Grandinetti è tornato a Conflenti anche con suo padre, assente dalla Calabria da oltre mezzo secolo, facendogli rivivere case e viuzze della sua infanzia.
Grande tifoso del Napoli e amante dell’Italia, dove torna in vacanza ogni anno, Russell (nome americanizzato dell’italico Rosalbino) ha sempre apprezzato le sue radici calabresi e il forte legame con la terra d’origine, mantenendo vivi i contatti con amici e parenti di Conflenti, anche da Oltreoceano.

Tanti anni fa, le botteghe a Conflenti, indicate di solito coi nomi dei proprietari, non erano semplici negozi: erano qualcosa di più, non solo gran bazar pieni di roba. 

Oggi facciamo un giro, sospeso tra fantasia e realtà, nella storia della putiga ‘e Giuanni Adinu.

 ‘A putiga 

In bella vista nel suo negozio le forme di formaggio, mucchi di olive nere salate ed enormi barattoli di olive verdi in salamoia, uova accatastate ancora nel grande paniere, la gabbietta di frutta e verdura cresciuta all’aria buona della sua campagna era proprio lì, accostata al muro della bottega. La porta era di legno con un buco della serratura grosso come una finestra per farci girare dentro una chiave di ferro che poteva aprire una chiesa. Una targhetta in latta del Cynar sospesa da un pezzo di spago sosteneva la licenza ingiallita. Attaccati a un gancio, tre palloni che duravano il tempo di un lancio perché puntualmente, dopo una rovinosa caduta fra i rovi, si sgonfiavano miseramente.

Così curiosa osservavo romantiche bambine vestite in pizzo e altre con grandi fiocchi nei capelli raffigurate nei contenitori di latta che contenevano fermagli e ferretti d’osso e plastica sulla destra entrando. E, dietro, tanti ripiani di legno, tutti guarniti di tela bianca in ognuno dei quali era riposta un diverso formato di pasta. Ma anche prodotti in scatola, i primi dadi Knorr e doppio Brodo Star, la zona dei biscotti, del caffè in grani, l’orzo (Tre Gobbetti), miscele (miscela Leone), citrato, bustine effervescenti (Frizzina, Idrolitina). La statua della Madonnina regnava sulle bottiglie di liquori come il vermouth, la marsala, il “Millefiori” (giallo con il rametto con lo zucchero cristallizzato), l’alchermes, il Cynar, il Bianco Sarti, l’Aperol, il Rosso Antico, il Fynsec (ti dà la carica!). Poi i primi brandy, come lo Stock 84 e la Vecchia Romagna.

Le leccornie

Vicino al bancone, per la gioia dei ragazzi, c’erano, poi, barattoli di vetro tentatori con le più attraenti leccornie: dolcissime caramelle a forma di uva e chiavi, piccole giuggiole gommose e coloratissime. E ancora, bomboloni di zucchero gialli o rosa sorretti da asticelle di legno e le strisce di liquirizie. E poi lecca lecca a forma di fischietto, i frizzy pazzi che ti scoppiavano in bocca, le gingomme a forma di sigaretta. Con una di quelle sigarettine rosa ti sentivi un grande e facevi il fenomeno. Per non parlare dei mitici cicci polenti.

Il ruolo sociale 

‘A putiga ‘e Giuanni, inoltre, aveva anche un ruolo sociale nel quartiere: era un punto di riferimento per chi cercava una persona o un indirizzo, o dove si portava la posta ricevuta per errore. Era un ufficio di collocamento per chi cercava lavoro. Lì si veniva a sapere tutto quello che succedeva, di bello e di brutto: furti, matrimoni, nascite, malattie e morti. Ma era anche un luogo di incontro: qui si riunivano gli abitanti della zona. Si incontravano per scambiare qualche parola, per cercare di dimenticare un po’ le difficoltà o la stanchezza della giornata. 

‘A libretta

Poi c’era ‘a libretta consegnata a Giuanni dalla propria cliente alla fine di ogni spesa. Lui vi segnava con il lapis cosa era stato comprato, da chi e il prezzo totale di quel giorno per poi ricopiarlo sul proprio registro di bottega. Per il pagamento in differita bisognava godere di stima e fiducia da parte del bottegaio. C’era, però, un alto senso di dignità. Tutti cercavano di saldare i debiti non appena potevano. Questa usanza tipica della società contadina ha aiutato molto le famiglie a sopravvivere. Capitava, infatti, che il negoziante sapesse delle particolari difficoltà di una famiglia, dovute a malattia, alla perdita di lavoro del capofamiglia e, valutata la situazione, lasciava ai debitori più tempo per pagare. E così, attraverso il ricordo di questa bella persona, mi ritrovo in una dimensione antica fatta di relazioni vere, profonde, basate su gesti semplici quotidiani, a volte meccanici, ma assolutamente densi di vita vera.

Lucy Stranges

 

 

La Chiesa di Sant’Andrea è una delle chiese più importanti di Conflenti, in quanto dedicata al santo che fino a poco tempo fa è stato il Patrono del paese. 

A questa Chiesa costruita sul finire del ‘500 e definitivamente consacrata nel 1741, fa capo la parrocchia di Conflenti Sottani istituita nel XVII secolo.

Nel 1905 l’edificio fu parzialmente distrutto dal terremoto e riaperto al culto solo un decennio più tardi. Prima del terremoto l’altare maggiore era in legno, sormontato da tre nicchie: nella nicchia centrale (la più grande) erano poste le statue di San Giuseppe e della Madonna del Rosario, con S. Caterina e S. Domenico mentre in quelle laterali erano poste le statue di S. Andrea e San Francesco. Nella navata centrale vi erano quattro altarini al di sotto delle attuali quattro nicchie.

Il restauro completo fu però ultimato solo nel 1958 e in quella occasione furono eseguiti anche dei pregevoli affreschi del pittore Pignatari raffiguranti episodi Evangelici della vita di Sant’Andrea.

Oltre a questi importanti dipinti, tra i beni di pregio presenti all’interno della chiesa, va sicuramente menzionato il prezioso tabernacolo marmoreo proveniente dall’Abbazia di Santa Maria di Corazzo che Conflenti riuscì a ottenere dopo lo smantellamento della stessa avvenuta nel XIX secolo.

La Chiesa è ubicata nella parte bassa e storica di Conflenti Sottani, alla fine della discesa   ‘d’u Piru e al centro di una suggestiva piazzetta.
La facciata principale in stile neoclassico è caratterizzata da un prestigioso portale lapideo con arco a tutto sesto fiancheggiato da lesene scanalate che reggono una trabeazione con decorazioni a dentelli e girali.

Sul portale un’icona che ospita un altorilievo raffigurante Sant’Andrea con la sua croce dietro le spalle racchiusa tra una cornice, ai lati due monofore strombate che proiettano la luce all’interno. Ai lati della facciata quattro alte lesene, due per lato, che sostengono un ampio timpano. Molto bello anche il portale laterale in pietra scolpita.

All’interno l’aula liturgica è suddivisa in tre navate con abside quadrato di grande pregio artistico. Sull’altare maggiore, oggi in marmo, in una grande nicchia, l’imponente statua lignea del Santo, del 1714. Nelle nicchie e teche laterali sono custodite le statue di Sant’Antonio di Padova, Santa Liberata, San Francesco e San Giuseppe e una croce con il Cristo morto, simulacro usato per la rappresentazione sacra del Venerdì Santo.

La vasca battesimale è in metallo dorato sorretta da un fusto marmoreo. In collegamento con l’abside si trova la sacrestia, con gli armadi e gli archivi parrocchiali. Lateralmente sono posizionati due confessionali in castagno.
Salendo per l’irta scala laterale, si arriva al piano alto della chiesa dove l’antico organo, dalla balconata, si erige per la magistralità delle sue lunghe canne, sin quasi al soffitto. Lo strumento ha due tastiere e una pedaliera dritta, a trasmissione integralmente meccanica ed è inserito all’interno di una cassa lignea in stile neoclassico. Collocate appena al di sopra delle teste dei fedeli si trovano le formelle raffiguranti la Via Crucis, numerate in caratteri romani e dotate ognuna di uno specifico impianto di illuminazione.

Negli anni ‘90 l’imponente e pesante statua del vecchio Patrono è stata oggetto di un’importante opera di restauro da parte della Sovraintendenza delle Belle Arti e il ritorno, a lavori conclusi, fu salutato con grande commozione dalla comunità dei fedeli. La struttura è anche dotata di una piccola casa non abitabile, lasciata in eredità dal parroco Don Stefano Stranges.