Agli inizi del Novecento non era così; esistevano solo putighe ‘e vinu o cantine, come venivano comunemente chiamati i locali dove si andava a bere un bicchiere di buon vino (ricordiamo Gianni u panettiere a Conflenti Soprani o Michele ‘e Sassina, Stella a Conflenti Sottani).
La prima svolta fu data sul finire degli anni venti da Nicola Coltellaro che, dopo aver lavorato per nove anni in Brasile come dipendente dell’azienda tranviaria a San Paolo, ritornò in paese e aprì, a Conflenti Inferiore su Via Marconi, il primo caffè di tipo moderno.
Via Marconi era la via appena aperta, sventrando praticamente in due il paese, per collegare in modo efficace Conflenti Sottani con il Casale.
Il caffè aveva due sale, l’una al pian terreno, l’altra al primo piano. In quella superiore si poteva giocare a biliardo e ascoltare la radio, per la prima volta a Conflenti.
“Fu questo un avvenimento straordinario, ricorda con commozione la figlia Maria, prima donna laureata di Conflenti; se ne parlava con tale meraviglia, come oggi si potrebbe parlare d’un viaggio nello spazio. E ad ascoltarla venivano tutti: giovani, vecchi e bambini, seduti a terra o sulle scale, in silenzio come in chiesa per non perdere un suono o una parola”.
A dire il vero, a bere un caffè o a giocare a biliardo, inizialmente entravano solo pochi “signori”, benché in paese ci fosse una bella e numerosa gioventù.
Poi, però, anche grazie alla continua presenza dei confinati che, durante il fascismo, erano tanti, soprattutto per motivi politici, e che nel locale avevano la possibilità d’incontrarsi e scambiarsi qualche notizia, il caffè cominciò a popolarsi e a diventare un punto di ritrovo per tutti.
Nel caffè si poteva anche leggere il quotidiano “Roma”, che arrivava ogni giorno di pomeriggio.
Si parlava di politica, ma con discrezione, attenti a non esprimere giudizi che potessero essere considerati lesivi per il regime dell’epoca.
Qualche volta ci si adeguava all’andazzo del tempo e si gridava: “Viva Mussolini” o si cantava Faccetta nera.
Il caffè, di provenienza esclusiva dal Brasile, era tostato dallo stesso proprietario; si vendevano “sospiri”, un dolce apprezzato da tutti e che la moglie Franceschina sapeva fare in maniera inimitabile.
I gelati, allora li chiamavano coni, erano prodotti direttamente sul posto e conservati col ghiaccio che i nivari portavano dal monte Reventino. A Natale poi si vendevano dolci tipici calabresi come il classico torrone di Bagnara Calabra.
Al caffè di Coltellaro si andava anche per ottenere assistenza per emigrare negli Stati Uniti o in Australia in quanto il proprietario era rappresentante della Flotta Lauro. Spesso lui stesso accompagnava gli emigranti a Napoli o Messina da dove partivano le navi della Flotta. Agli inizi degli anni cinquanta il bar fu trasferito dall’altra parte della strada, nei locali di casa Isabella. In seguito fu venduto ad Alessandro Paola, anche lui rientrato dal Canada, che lo gestì con passione e gentilezza e lo tenne aperto fino al 2001, quando poi chiuse per sopraggiunti limiti di età.
Ancora oggi, comunque, può capitare di trovare aperte le porte del locale, anche se l’attività è cessata. All’interno di questo bar tanto amato, è come se il tempo si fosse fermato, perché possiamo ancora ammirare la macchina del gelato tenuta ancora in ottimo stato, i liquori e persino l’albero di Natale